Non è come sprofondare Nella gora che accudisce, E chi frequenta l’oppio Fino in fondo ben conosce. Non è scossa di morfina Nelle vene in un crescendo, Come mandria di cavalli Resa folle da un incendio. Vorrei che tu mi avvolgessi Con premure, con amore Dentro ad ingiallite bende E mi donassi quel dolore Che sa di vecchi orfanotrofi, Di altalene rugginose, Come foglie in braccio al vento Nei tramonti, quando è ottobre.
Vorrei un rosario da sgranare Mentre sul mio volto l’ombra Di un reticolo di sbarre Fa suggello a questa tomba. Il mio sguardo ancora mendica, Mentre si protende in alto, D’esser perdonata e tratta Fuori dal tuo braccio al fianco.
Non volermene mio Amico, Pensa che la mia condanna Io la sconterò vivendo, Scivolando senza dramma Dentro un tetro camposanto Di siringhe e contenzioni, Dov’è il mio stesso rimpianto Che processa le intenzioni.
Dove il fuoco che ci arde Non si estingue con l’Idea, E lo scrigno dei ricordi Tutto informa e nulla crea. Dove l’urlo di battaglia Che s’infuria contro il sole Pare un’eco fredda e morta Di passate ere d’Amore…