Muri d’assenzio dentro di noi, Sorgeva un alba livida. Dal fronte del porto il fuoco iniziò, Sgomenti e scaltri sguardi che Ci si scambiò. Ma non si tremò, benché sbronzi.
Una compagine strana, la Legione Fiumana, Con l’ardore incosciente che trascende il presente, Gioia, bestemmia e abbandono in un unico dono, Che degnifica al pari Patria e donne volgari.
Però di quante tormente sono stato sorgente, Sul bordo di quanti vulcani mi sono bruciato le mani, Quali alcove agognate nottetempo ho violate, Vita come incursione e sedurre è un’opzione.
Muri d’assenzio e tabacco per noi. Quel forte e buon macedone, Un sogno che sfuma nel piombo, si sa, Val bene un’avanguardia estetica, Ma ora è la Realtà … All’armi!
Ma già l’artiglieria il sogno spazzava via. Tra la folla impazzita io la scorsi, smarrita. La bruna avventuriera con la bocca da fiera, Disse: “Maggiore, io resto. Dove è Lei lì è il mio posto”. Ed io: “Si metta in salvo, tra un po’ qui farà caldo”. Ci fu un unico bacio, ne ebbi il sangue incendiato, “Ora vada, perdio! Che qui è affare mio, E, se il Cielo ci assiste, ci vedremo a Trieste”.
Col suo profumo ancora nelle nari Incontrai il mio destino con tanti miei pari, E un’ infilata di “fuoco fratello” Mi colse di schiena e mi snudò il cervello…