Si sentono canti d’amore la notte a Tabarca In mezzo alle gighe degli occhi nel sonno che viene. Si sogna di vendere cara la pelle a Tabarca La pelle di rosso corallo e di magre sirene. Di giorno c’è duro lavoro, di giorno a Tabarca Che invidia la grigoa che dorme nell’ombra dei muri. Di giorno si pesca il corallo e si porta la barca Si naviga sulle scogliere dei rosari futuri. Sudore, salsedine… martello, incudine… torpore, torpedine… Fatica, abitudine. Non siam mica stinchi di santo, noi siamo a Tabarca. Se siamo venuti a Tabarca ci sarà anche un motivo. Ma è meglio esser stinchi di santo o “legere” a Tabarca? È meglio esser santo da morto o “legera” da vivo? E Tunisi è proprio a due passi, a due passi, a Tabarca E come una donna nel buio ne senti l’odore E un branco di squali bordeggia e corteggia Tabarca E canta picchiando il tamburo del tuo batticuore. Sudore, salsedine… martello, incudine… torpore, torpedine… Passione, inquietudine. Ce n’è belle figlie, ce n’è belle figlie a Tabarca Però c’è un editto che dice che toccarle è vietato. Per questo suoniamo il violino un po’ tutti a Tabarca: suoniamo il violino e facciamo ballare il macaco. C’è un’isola grande, più grande di questa Tabarca Il re di Piemonte ci tiene coralli e tonnare. Così quest’aprile, vedrai, lasceremo Tabarca E quando saremo a San Pietro ti voglio sposare. Sudore salsedine… martello, incudine… torpore, torpedine… Magia, latitudine.