Chi vive in controluce e soffia sulla brace di una città senza leggere il giornale sa che musica fare e prima o poi la fa E lavora di lima sotto questo clima che è un tiro di dado per tutto il tempo che ha speso in un vicolo appeso tra virtù e degrado. Perché qui si vive a metà tra la fogna e la chiesa in un odore denso di piscio e incenso che aleggia e pesa e si mischia ai miasmi, ai fumi ed ai fantasmi di una trattoria poi s’ingamba e cade su un ex voto di spade ai piedi di Maria. D’estate senti frinire un fax di qualche ufficio assorto: ansia o maccaja nella zona buia di un angiporto. Tra le fibre ottiche e i rifiuti tossici qualche volta pensaci, pensaci Che quando piove, piove viola e la fognatura deve pur saltare L’acqua scova e scola la sua sepoltura rinascimentale Quando torna il sole, viene quando vuole, tra i mercati al caldo con la merce varia trovi il teschio di un Doria venduto in saldo E dopo senti un bell’assolo di sax, malinconico e bevuto mentre tenta il guado tra virtù e degrado dopo che è piovuto… Tra le ardesie magiche e i giardini pensili Qualche volta pensami, pensami, pensami qualche volta pensami, pensami anche tu. Ma chi vive senza voce nella noia atroce di una città sa che il mondo è fatto a scale, ci si può far male, magari se lo fa. Si fa una bella preghiera ai bordi della sera, ma sempre più di rado: O Gesù d’amore acceso, non ti avessi mai offeso tra virtù e degrado. Ed è così, parola di Max, che qui si vive e si sogna: l’iride e l’insetto vanno a braccetto senza vergogna. Tra le ardesie magiche e certi topi prensili Qualche volta pensami, pensami, pensami qualche volta pensami, pensami anche tu. Qualche volta pensami, pensami, pensami Qualche volta pensami, qualche volta, no.