Così di notte quando tutto era silenzio nella strada, io scavalcavo la finestra e camminavo con le scarpe in mano, e mi infilavo nella luce fioca della sua bottega per sentire la voce di quel piccolo uomo.
Così di notte in quella stanza dove mi dimenticavo il tempo, io stavo ad ascoltarlo di nascosto mentre lui leggeva parole di romanzi e versi come cose da toccare e al frusciare di pagine mi sentivo volare...
E le parole come musica di seta mi prendevano per mano, e mi portavano lontano dove il cuore non si sente più lontano: dentro le immagini, nei libri e nella pelle di chi aveva già vissuto cose tanto uguali a me, nella follia d'essere uomo e nelle stelle per andare oltre il dolore più inguaribile che c'è; e le parole si riempivano d'amore, le sue parole diventavano d'amore, le sue parole diventavano l'amore...
Così la notte quando gli incendiarono la casa, e la gente rideva e diceva che era finalmente ora, capii che c'è davvero una diversità infinita tra imparare a vivere e imparare la vita;
guardavo il pifferaio che si portava dietro le parole e se le trascinava nella luce bianca della luna: non si voltò, non si voltò neanche a salutare, se le prese su tutte e le gettò nel mare...
E le parole del libraio da quella sera se ne andarono per sempre e mi lasciarono con gli occhi di un bambino che non può sognare più. Tutte le notti torno con le scarpe in mano per vedere se da qualche parte le riporterai; di giorno provo a ricordarmele ma invano, troppi uomini non cambiano e non cambieranno mai: parlano tutti ma non dicono parole, le loro cose non diventano parole, mi manchi tu, mi mancano le tue parole...
Ma ci son sere che scendendo verso il mare mi sembra come di sentirti, e non ti vedo; ma se mi illudo che sia ancora tutto vero quasi ci credo.