Mea culpa, mea culpa, mea terribile culpa. Ero al cinema del corso Buenos Aires, interno tre, al Codromodro E davano "Fiesta che biella meraviglia" Che mi sedetti nella poltrone centrale del numero corporale tre. Mentre stavo osservando la pellicola Mi sentii un affare durissimo in mano e lo strettei fortissimo e lo pigliei: eso non era un cioccolato e né una buglia ma un pezzo de carne, sembrava un filetto, che non si trova più neanche alla macelleria del toros e me lo strettei forte forte forte forte in mano: era bello, era giocondo ed era mio. Me lo portai ingelosito verso l'uscita, al pezzo de carne c'era un uomo bello e alto, un biforcuto, che mi faceva impazzire, aveva barba capelli e occhi tutti insieme, un trittico, salimmo le scale tette in corsa, e lo portai nella mia stanza, lo denudai e lo baciai fortemente su tutto il corpo. Olè. Olè. Olèee. Non si capiva più niente: lo prendevo da tutte le parti, nelle narici del nasooo, dentro al buco delle orecchieee, e anche nel buco del culoooo, mi faceva impazzire, era una bella bestia, era una bestia che spingeva nel buco del culoooo, lui spingeva e io traivooo... Che bell'uomo che era. Calmo ma non troppo per quando ci voleva, ci pigliavamo insieme una tabella di cafè e poi giù ancora, che mi faceva impasire, moltisimo, molto moltisimo. Cosa c'hai di briccone, gli domandavo, ti vuoi farmi uno scopone? Dammelo in mano. Benisimo. Sei un belissimo ragasso. E ora che stai per andartene ti do il mio indirizzo. Scrivimi verso le quattro alla mia curia: Cardinale Alfonso Fava, docente in silificomania e impraticità di campo Ti posso rispondere alle due, ma non per difetto, per concesso, perché sono il più grande, il più forte della zona. Ti porto con me a Las Vegas, facciamo un viaggio a pagamento di sei giorni Torniamo su per la rotta del Pacifico, ci buttiamo dentro al panificio mondiale dei rottinculi genovesi che s'intensificano nelle bande rotte e ho qui terminato.