Due note e il ritornello era già nella pelle di quei due il corpo di lei madava vampate africane, lui sembrava un coccodrillo… i saxes spingevano a fondo come ciclisti gregari in fuga e la canzone andava avanti sempre più affondata nell’aria… quei due continuavano, da lei saliva afrore di coloniali che giungevano a lui come da una di quelle drogherie di una volta che tenevano la porta aperta davanti alla primavera… qualcuno nei paraggi cominciava a starnutire, il vantilatore ronzava immenso dal soffitto esausto, i saxes, ipnotizzati… dai movimenti di lei si spandevano rumori di gomma e di vernice, da lui di cuoio… le luci saettavano sul volto pechinese della cassiera che fumava al mentolo, altri sternutivano senza malizia e la canzone andava elegante, l’orchestra era partita, decollava… i musicisti, un tutt’uno col soffitto e il pavimento, solo il batterista nell’ombra guardava con sguardi cattivi… quei due danzavano bravi, una nuova cassiera sostituiva la prima, questa qui aveva gli occhi da lupa e masticava caramelle alascane, quella musica continuava, era una canzone che diceva e non diceva, l’orchestra si dondolava come un palmizio davanti a un mare venerato… quei due sapevano a memoria dove volevano arrivare… un quinto personaggio esitò prima di sternutire, poi si rifugiò nel nulla… era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti...